Kiseki Ejima.
Ejima, Kiseki. Narratore giapponese. Nel 1701 terminò il suo primo romanzo Keisei Iro Samisen (La chitarra amorosa delle prostitute) appartenente a quel genere narrativo nipponico noto come 'ukiyo-zoshi (racconti del mondo effimero) che aveva come soggetto la vita e i costumi piuttosto libertini della società a lui contemporanea. Il romanzo venne pubblicato da Ando Jisho, proprietario di una casa editrice specializzata nel genere preferito da E. Per lo stesso editore E. scrisse numerosi altri romanzi, tra cui Keisei Denju Kamiko (I lampioni delle prostitute) del 1710 e Keisei Kintanki (Vietata l'impazienza alle prostitute) del 1711. Nel 1715 pubblicò a sue spese il romanzo Seken Musuko Katagi (Le qualità delle giovani di vita) il cui successo, anche sotto l'aspetto economico, lo spinse ad aprire una sua propria casa editrice che portava il nome di Ejimaya. Nel 1716 fu la volta di Seken Musume Katagi (Le qualità di giovani mondane) con il quale continuava la serie di opere ambientate nelle case di piacere delle città giapponesi (Kyoto 1667-1736). narratore (s.m.), autore, cantastorie, favoleggiatore, novelliere, novellista, prosatore, raccontatore, romanziere, scrittore. narrare (v.), contare, descrivere, dire, esporre, raccontare, riferire. Vocabolario narratore s. m. (f. -trice ) Chi narra. (dal francese antico romanz, der. del latino tardo romanice loqui: parlare una lingua romanizzata). Neolatino. Che è relativo alla Romània (V.). - Ling. - Lingue r. o neolatine: le lingue, sia letterarie sia d'uso, e tutti i dialetti caratterizzati da una comune discendenza dal latino e che si sono evoluti nelle terre di antica colonizzazione romana, per ciò dette nel loro insieme Romània (tale regione culturale, tuttavia, non coincide con l'intera estensione dell'antico Impero romano). Ne sono escluse, per il fatto che furono occupate per un tempo insufficiente a produrre una latinizzazione duratura, le attuali Inghilterra e Germania; per la sostituzione della presenza romana con il successivo e massiccio influsso politico, linguistico e religioso dell'Islam, l'Africa settentrionale; per l'esistenza di culture e tradizioni anteriori e di strutturate e superiori culture linguistiche, che esercitarono acculturazione esse stesse sulla latinità piuttosto che subirla, la Grecia, l'Egitto e le colonie asiatiche in generale. Si parla dunque di lingue r. a proposito di parlate evolutesi nelle penisole iberica e italica, nelle regioni dell'attuale Francia, nel bacino del Ticino e nei Grigioni, nelle regioni costiere della Dalmazia e nell'attuale Romania. Secoli dopo, la colonizzazione europea del nuovo continente esportò tali lingue nella cosiddetta «Romània conquistata»: in America centro-meridionale il castigliano, eccetto che in Brasile dove si diffuse il portoghese, in Canada il francese. In queste regioni, l'innesto delle lingue r. sulle parlate indigene ebbe come esito le cosiddette lingue creole (V. CREOLO). ║ Classificazione: dal punto di vista strettamente sistematico, le lingue r. sono state distinte in due gruppi. Gruppo occidentale: vi appartengono le tre lingue della penisola iberica, cioè portoghese (parlato in Portogallo, in Galizia, nelle Azzorre e in Brasile), castigliano (parlato in quasi tutta la Spagna, le Canarie e l'America latina) e catalano (parlato in Catalogna, nelle Baleari e nel dipartimento francese dei Pirenei orientali). Occidentali sono le lingue evolutesi in Francia, cioè la lingua d'oc (parlata dal Medioevo nelle regioni a Sud della Loira e comprendente a sua volta differenti dialetti: limosino, guascone, provenzale, ecc.; alcune parlate occitaniche sono attestate anche in alcune vallate italiane del cuneese), la lingua d'oil (parlata nelle regioni a Nord della Loira, differenziata in diversi dialetti, tra cui il francien, che fu la base del francese moderno, il normanno, che esportato in Inghilterra influì sul lessico della lingua sassone, il piccardo, il vallone, ecc.), il franco provenzale (oggi estinto, ma parlato in origine in una zona intermedia tra le prime due: Svizzera r., Delfinato, Val d'Aosta, valli di Lanzo, bassa val di Susa; fu identificato per la prima volta come lingua autonoma da G.I. Ascoli). Infine, fanno parte a sé: il sardo, distinto in quattro dialetti (logodurese, sassarese, gallurese e campidanese), dai tratti arcaici (conservazione delle consonanti velari davanti alle vocali palatali i, e) e il ladino, parlato nei Grigioni, in alcune valli dolomitiche e friulane. Al gruppo occidentale, infine, appartengono le parlate italiche settentrionali (cioè a Nord della direttrice La Spezia-Rimini): piemontese, ligure, lombardo, emiliano e dialetti veneti. Si distinguono dall'italiano a base toscana per alcuni tratti fonetici (caduta della vocale finale, scempiamento delle consonanti doppie, chiusura delle vocali e, o toniche in i, u, ecc.). Gruppo orientale: vi appartengono, oltre all'italiano nazionale, in quanto foggiato sul dialetto toscano, i dialetti centrali (di Marche, Umbria e Lazio) e meridionali (di Abruzzo, Molise, Puglia, Lucania, Campania; hanno ulteriore caratterizzazione le parlate di Calabria e Sicilia); il dalmatico (oggi estinto, soppiantato dalle lingue slave e dal dialetto veneziano); il romeno, a sua volta diviso in quattro dialetti e la cui lingua letteraria sorse assai tardi (XVI sec.) in quanto la lingua ufficiale della Chiesa era lo slavo. ║ Origine ed evoluzione delle lingue r.: la pluralità delle lingue r. derivate dal latino ha più di una spiegazione. La latinizzazione della Romània non fu dovuta tanto alla diffusione della lingua letteraria o burocratica dei conquistatori, fortemente omogenea, quanto all'uso del cosiddetto «latino rustico» o «volgare» che, lungi dall'essere unitario, si presentava come un complesso di parlate locali, tra loro affini ma in evoluzione costante e distinta nel tempo e nello spazio. Il latino importato dai colonizzatori nelle singole regioni, dunque, era diversamente caratterizzato dal momento cronologico e dalla provenienza geografica dei soldati. Una seconda causa di diversificazione tra le lingue r. fu l'azione esercitata dai sostrati linguistici attivi in ogni zona, che diventarono componenti più o meno attive e peculiari delle parlate locali in evoluzione dal latino: in alcune regioni furono assai importanti i sostrati non indoeuropei, come l'etrusco in Toscana e in Italia centrale, l'iberico nel meridione francese e nella penisola iberica, ecc. Pari o maggiore importanza ebbero però i sostrati linguistici di comune matrice indoeuropea: il gruppo osco-umbro (V.) dell'Italia centro-meridionale, il celtico della regione alpina italiana e francese, il ligure del Nord-Ovest d'Italia, l'illirico di Puglia e Dalmazia, il venetico del Nord-Est italico, il tracio della Dacia e il greco in Magna Grecia. In molte regioni, inoltre, a differenziazione già pienamente in atto, parlate di popolazioni limitrofe o di conquistatori (lingue germaniche, arabe, slave, ecc.) esercitarono la propria influenza di adstrato e superstrato su quelle r., soprattutto a livello lessicale. L'evoluzione linguistica dalle varianti rustiche del latino alle lingue r., che si configuravano ovviamente non come lingue letterarie o dotte ma come vernacoli, dialetti r., consentì una prima individuazione di questi ultimi come parlate autonome (se pur sempre affiancate a vari livelli dal latino locale) tra i secc. VII - IX, come si evince da glosse di documenti, formulari, ecc. Alcuni tratti fonetici erano condivisi da pressoché tutti i volgari neolatini in evoluzione: sostituzione dell'opposizione vocalica quantitativa (vocale lunga / vocale breve) con quella di timbro (vocale aperta / vocale chiusa); palatalizzazione delle velari (k, gh) davanti alle vocali palatali (e, i); passaggio del nesso tl a cl; semplificazione del nesso ns in s, ecc. In ambito morfologico, fu invece comune l'eliminazione del genere neutro e della diatesi deponente del verbo; diffusa la formazione dell'articolo per indebolimento dei pronomi dimostrativi (dal classico ille nella maggior parte dei casi, da ipse per catalano e sardo), la riduzione da quattro a tre coniugazioni, la sostituzione del passivo e del futuro organici con forme perifrastiche, ecc. Il quadro generale delle lingue r., tuttavia, indica un ventaglio di trasformazioni di impressionante varietà e ampiezza; modi e misure del percorso evolutivo sono stati influenzati da numerosi fattori interni ed esterni, determinando caratteri di maggiore o minore conservatorismo o innovazione. Strumento a corde pizzicate, della famiglia del liuto, con cassa armonica a forma di 8 e manico di lunghezza variabile a cui si attaccano più corde (di solito 6). Di antica origine orientale la c. si ritiene sia stata introdotta in Spagna dagli Arabi. Da qui, nel XII sec., si diffuse in tutta Europa, ottenendo maggiore fortuna nei paesi latini. Sul finire del Settecento la c. raggiunse il suo periodo di massimo splendore e fiorirono numerosi virtuosi e compositori. Ricordiamo lo spagnolo F. Sor e gli italiani M. Giuliani e F. Carulli e due celebri compositori che hanno composto musica da c.: Boccherini e Paganini. Durante il periodo romantico la c. sopravvisse grazie allo spagnolo F. Tarrega e, nel secolo successivo, conobbe momenti molto felici con i compositori De Falla e Villa Lobos e i virtuosi A. Segovia, E. Pujol e Saint de La Maza. Oggi la c. è molto diffusa nella musica leggera di ogni paese nei modelli classico e folk e, soprattutto, nella forma di c. elettrica che presenta un'ottima sonorità, in quanto il suono è ottenuto mediante un amplificatore esterno allo strumento e collegato a esso elettricamente. - Gastron. - Arnese formato da fili metallici tesi su un telaio di legno, usato in Abruzzo per ricavare da una sfoglia di pasta dei grossi spaghetti detti maccheroni alla c. - Zool. - Nome volgare del pesce cartilagineo Rhinobatus rhinobatus, comune nel Mediterraneo. Modello tridimensionale di chitarra classica Donna che esercita la prostituzione. Prostituzione. (dal latino prostitutio, der. di prostituere: esporre, mettere in vendita). Prestazione sessuale a pagamento con carattere di abitualità e di professionalità. Esiste in entrambi i sessi, per quanto il termine sia soprattutto usato con riferimento alla p. femminile, essendo la p. maschile esaminata, in genere, nell'ambito degli studi sull'omosessualità. Nelle società occidentali contemporanee, è punito lo sfruttamento della p., ma non la p., che è considerata attività lecita, in quanto riguardante i diritti della persona, anche se, poi, è sottoposta a una serie di divieti che ne ostacolano il libero svolgimento; in questo senso, per esempio, gli stessi proventi derivanti dall'esercizio della p. sono reputati illegali. In alcuni Paesi è stata introdotta la schedatura delle prostitute; questo provvedimento, in passato molto più diffuso, si prefigge lo scopo di consentire alle autorità di esercitare un controllo su questa attività e di sottoporre le prostitute a periodiche visite mediche, alla luce anche del pericolo di infezioni veneree e della crescente diffusione dell'AIDS. Esso oggi suscita, peraltro, dubbi tanto di legittimità, poiché limitativo della libertà e della privacy della persona, quanto di efficacia, dal momento che alle prostitute schedate e professionali si aggiunge di solito un numero fluttuante di donne che svolgono una qualche attività lavorativa, ma che integrano i loro guadagni con saltuarie prestazioni sessuali a pagamento. - Encicl. - L'origine della p. costituisce un problema storiografico assai controverso. Già nell'antica Mesopotamia il codice di Hammurabi (XVII sec. a.C.) disciplinava la p., attribuendo alla prostituta il diritto a ricevere un compenso per le sue prestazioni, ma negando legittimità a qualsiasi altra pretesa sul cliente, anche se abituale. La p. era diffusa anche in Egitto e in Palestina; in particolare, in Palestina accadeva, secondo quanto testimonia la Bibbia, che le prostitute stazionassero lungo le più importanti vie di comunicazione per assicurarsi come clienti i ricchi viaggiatori, mentre quelle che vivevano in città erano costrette ad abitare in apposite case poste di solito nei pressi delle mura. Nella civiltà greca la p. era apertamente accettata e, anzi, in molte póleis era in vigore una particolare tassa per chi la praticava. Ad Atene, secondo la tradizione, fu lo stesso Solone (VI sec. a.C.), colui che dettò le leggi della città, a istituire le case di piacere; le tariffe, fissate direttamente dalle autorità statali, erano molto basse e le donne che vi lavoravano, considerate la feccia della p., erano private dei diritti civili. Sugli introiti di queste case di piacere era prevista una tassazione, che permise, tra l'altro, la costruzione del grandioso tempio dedicato ad Afrodite. Su un gradino superiore nella considerazione sociale stavano le prostitute da marciapiede (peripatetiche), che si procuravano i clienti per strada, nelle taverne e in altri luoghi pubblici; di rango ancora più elevato erano le prostitute che erano chiamate ad allietare i banchetti: abili danzatrici e suonatrici di flauto e cetra, riuscivano a volte ad accumulare ingenti ricchezze in ragione degli alti compensi richiesti per le loro prestazioni. Al vertice della scala sociale delle prostitute si collocavano le etére, donne in genere particolarmente colte, alle quali andavano i favori degli uomini più in vista. Capitava così che statue di etere venissero collocate nei templi e negli edifici pubblici, accanto a quelle degli eroi e di famosi uomini politici. Nell'antica Roma la p. veniva considerato un mestiere come gli altri; i giuristi romani definivano la prostituta (lupa) come colei che si guadagna da vivere col proprio corpo; i bordelli, i cosiddetti lupanari o fornices, si trovavano nei pressi delle mura cittadine (a Roma sorgevano in maggioranza nei pressi del Circo Massimo) ed erano composti di piccole stanze (cellae), sulla porta delle quali era scritto il nome dell'occupante, seguito a volte dalla tariffa richiesta. Leno (se maschio) e lena (se femmina) erano chiamati i tenutari della casa di piacere e si distinguevano a seconda che si limitassero ad affittare le stanze alle donne che vi lavoravano o, piuttosto, gestissero direttamente le case dando solo una piccola parte del ricavato alle prostitute. Eccezion fatta per le cortigiane (corrispondenti alle etere greche), alcune delle quali sono state rese famose dai poeti del tempo (in questo senso, si pensi a Lesbia, a Corinna o a Cinzia, celebrate rispettivamente da Catullo, da Ovidio e da Properzio), le prostitute nell'antica Roma non godevano di condizioni di vita particolarmente favorevoli: erano, infatti, obbligate ad accettare ogni tipo di clienti, purché avessero i soldi per pagare, non potevano avvicinarsi al tempio di Giunone per non profanarlo e per strada risultavano immediatamente riconoscibili, in quanto dovevano portare una tunica corta simile a quella degli uomini; inoltre, era loro imposto di versare una tassa speciale ed essere iscritte in un apposito registro. Oltre alla prostituta di professione, vi era, poi, un certo numero di donne che arrotondavano le loro entrate offrendosi per denaro: tra queste figuravano le ragazze che servivano nelle osterie e nei vari esercizi pubblici e le passeggiatrici o falene, che adescavano i clienti agli angoli delle strade, nei bagni pubblici, in prossimità dei templi o, addirittura, nei pressi delle tombe (da qui l'epiteto di "guardiane di tombe"). Le restrizioni imposte alle prostitute caddero col tempo in disuso: il Corpus Iuris Civilis (compilato nel VI sec. per volere dell'imperatore Giustiniano) recepì questa tendenza in atto e si preoccupò, più che altro, di perseguire il meretricio organizzato e lo sfruttamento delle donne da parte dei lenoni. A favore di questa impostazione del Corpus agì probabilmente l'influenza della stessa moglie di Giustiniano, Teodora, che in gioventù era stata attrice e prostituta. Nell'Impero carolingio, nonostante le case di piacere fossero assai poco numerose (in quanto si trattava di un'istituzione tipicamente cittadina, mentre quella franca era una società essenzialmente contadina), non mancavano le prostitute; ufficialmente, non erano viste di buon occhio (tanto è vero che sotto Carlo Magno furono adottate leggi che prevedevano severe punizioni alle donne dedite alla p.), anche se, poi, di fatto, i maggiori notabili riservavano un'ala dei loro castelli per le stanze delle donne, costituendo quello che sembrava essere un vero e proprio harem. In ogni caso, la p., favorita nei secoli successivi dall'urbanesimo e dalle Crociate, continuò a essere praticata e a prosperare. Sotto Luigi IX di Francia (il "re santo") fu emanata una legge molto rigida, che prevedeva la privazione di ogni avere personale per tutte le prostitute e per tutti coloro che vivevano di p.: la legge ebbe una certa efficacia, ma sollevò un evidente malcontento, cosicché a distanza di pochi anni fu abolita. Una delle maggiori obiezioni sollevate contro la p., nel Medioevo, era che i bordelli fungevano da centri di attività criminose; alcune città, soprattutto inglesi, cercarono, allora, di risolvere il problema in maniera drastica, bandendo la p., mentre altre tentarono di confinare le prostitute in particolari quartieri e obbligarle a vestire secondo una determinata foggia. Quanto alla Chiesa, pur mantenendo una posizione teorica di severa condanna della p., all'atto pratico assunse spesso un atteggiamento conciliante nei confronti delle prostitute, al punto che furono anche creati ospizi per quelle che si erano emendate (ospizi di Santa Maddalena). La tendenza generale era quella di accettare la p. come uno degli aspetti ineliminabili della vita sociale: non deve stupire, dunque, che sul finire del Medioevo essa fiorisse in pressoché tutte le città d'Europa, regolata da specifiche norme. Nel tardo Medioevo e nel Rinascimento, andò affermandosi presso le classi ricche la figura della cortigiana, la donna colta e raffinata, amica di uomini politici e di artisti affermati (evidenti sono le consonanze con l'etera dell'età greca); per quanto in origine per cortigiana si intendesse colei che serviva a corte, presto il termine passò a indicare l'amante di corte o, più genericamente, l'amante di lusso. Nel XVI sec., in seguito allo sviluppo del movimento protestante e al Concilio di Trento, l'atteggiamento tollerante della Chiesa nei confronti della p. fu, però, messo in discussione. Due furono le cause di questo mutamento: da un lato il rigido moralismo seguito alla Riforma, dall'altro il rapido diffondersi delle malattie veneree. I riformatori protestanti mettevano in discussione il celibato del clero, considerandolo un danno per l'intera comunità cristiana, ma ponevano l'accento sulla procreazione come meta principale dell'unione sessuale, condannando, quindi, i rapporti extramatrimoniali e tuonando contro la p. Lutero finì, pertanto, con l'imporre la chiusura delle case di tolleranza in tutte le città riformate, anche se in alcuni casi, come a Zurigo, queste non vennero effettivamente chiuse, ma solo poste sotto controllo pubblico, in modo da vietare l'accesso agli uomini sposati. I controriformatori cattolici cominciarono ad attaccare energicamente la p. (era in quel periodo, del resto, che papa Paolo IV ordinava che i corpi nudi dipinti da Michelangelo nella Cappella Sistina venissero coperti). Fu, però, principalmente la paura della sifilide, che verso la fine del XV sec. aveva cominciato a dilagare in tutta Europa, che portò a ordinare la chiusura di pressoché tutti i bordelli (a Londra ciò avvenne nel 1546 e a Parigi nel 1560) e a imporre dure punizioni a chi trasgrediva alle leggi. Malgrado ciò, la p. continuò a essere praticata, sia pure in forme più discrete; dopo la battuta d'arresto del XVI sec., anzi, essa cominciò a fiorire di nuovo e, per quanto fosse legalmente vietata, nei secc. XVII-XVIII determinò grossi giri d'affari nell'economia cittadina. Valga per tutti l'esempio di Parigi, dove esistevano case di piacere per ogni genere di clientela e dove pare che nel 1770 il numero delle prostitute si aggirasse intorno a 20.000, su una popolazione complessiva di 600.000 abitanti. Poiché, nonostante i molteplici tentativi di bandire la p., essa aveva continuato a prosperare, da varie parti, sin dall'inizio del XVIII sec., si cominciò a chiedere una riforma del sistema e il riconoscimento legale del meretricio: i tentativi rimasero, però, infruttuosi e solo nei primi anni dell'Ottocento le autorità pubbliche europee cominciarono ad assumere un nuovo atteggiamento nei confronti della p. In Francia fu così adottato un sistema che sarebbe stato poi seguito sino al XX sec. anche nel resto dell'Europa: di fronte alle difficoltà di un controllo sulle singole prostitute e sulle case private, vennero istituite case di tolleranza autorizzate e venne proibito (ancorché con scarso successo) l'adescamento per strada. Queste misure furono in seguito adottate in pressoché tutte le città europee. In Inghilterra, invece, un largo movimento di opinione portò all'abolizione nel 1886 del Contagious Diseases Prevention Act, con cui nel 1864 si era reso obbligatorio il controllo sanitario della p. Anche negli Stati Uniti, a dispetto del dilagante puritanesimo, la p. era largamente diffusa e non mancavano sollecitazioni per una sua regolamentazione; ogni proposta di legge al riguardo venne, però, respinta e le autorità cittadine americane si limitarono a favorire l'isolamento delle prostitute in determinati quartieri. Già, però, nel primo decennio del XX sec. solo in poche città esistevano ancora tali quartieri: nei Paesi dell'Europa centro-settentrionale, ci si avviò di lì a qualche anno verso la chiusura delle case di tolleranza e verso una politica meno repressiva, mentre Francia e Italia, dove la regolamentazione della p. sarebbe stata abolita rispettivamente nel 1946 e nel 1958, rimasero tra gli ultimi baluardi della p. legalizzata. ║ P. sacra: questa categoria racchiude due distinti fenomeni, entrambi legati alla dimensione etico-religiosa. Il primo si ha quando la donna deve compiere un atto iniziale di p. per diventare in seguito una sposa fedele, il secondo (che costituisce la p. sacra stricto sensu) si verifica quando una donna viene adibita al servizio del tempio in qualità di prostituta sacra, per un periodo limitato di tempo o per tutta la vita. Appartengono al primo tipo le forme di p. simili a quella che si praticava nel tempio di Mylitta a Babilonia e della quale parla diffusamente Erodoto; secondo lo storico greco, presso i Babilonesi era costume che ogni fanciulla, indipendentemente dal suo rango sociale, offrisse la propria verginità a Mylitta prostituendosi a uno straniero all'interno del tempio dedicato alla dea. Una volta entrata nel tempio, la ragazza non poteva uscirne finché uno straniero non le avesse gettato una moneta d'argento nel grembo (ella non aveva il diritto di rifiutare la moneta, qualunque fosse il suo valore e chiunque fosse l'uomo che gliela offriva, salvo, poi, lasciarla al tempio). Stando sempre a quanto riferisce Erodoto, le ragazze che erano state meno dotate dalla natura finivano per aspettare nel tempio mesi o addirittura anni. Al secondo tipo di p. sacra appartiene, invece, la p. in uso a Cipro, patria della dea dell'amore Afrodite, dove le donne addette al culto della dea (le hierodule) erano a disposizione di tutti i richiedenti. Templi simili erano per verità dislocati anche lungo le coste greche e nell'Italia meridionale: in questo senso, celeberrimi furono il tempio di Erice nella Sicilia occidentale e quello di Corinto (dove, a detta di Strabone, prestavano servizio oltre mille etere). ║ Promiscuità e p. ospitale: la p. nelle cosiddette società primitive si svolgeva in forme diverse da quelle delle società occidentali; spesso, in verità, si tratta di prestazioni assai più simili alla promiscuità che alla vera e propria p. Per esempio, nella Mongolia , le prostitute erano considerate delle mogli temporanee da parte dei vari mercanti che le sceglievano come compagne di viaggio dietro un compenso pattuito; anche presso alcune tribù degli Indiani d'America era consuetudine che il cacciatore che partiva per una lunga battuta si facesse accompagnare da una donna. Nella categoria della p. si suole far rientrare, poi, anche l'offerta della moglie o di una figlia all'ospite o all'amico; la cosiddetta p. ospitale, in uso presso varie popolazioni a Tahiti, a Ceylon, nelle Canarie e tra gli Esquimesi, tende, comunque, ad avvicinarsi alla p. occidentale, dal momento che l'ospite, in cambio dei favori concessigli, è tenuto a offrire a sua volta dei doni. La p. ospitale è sviluppata anche tra i Batu, popolazione stanziata nella vasta fascia di territori che si estende dall'Angola fino al Mozambico centro-settentrionale. Essa è collegata a un'organizzazione familiare e sociale di tipo matriarcale e prevede che la padrona di casa (se ancora giovane) o, diversamente, la figlia maggiore, si conceda in segno di ospitalità ai parenti che giungono in visita da altri villaggi; se, invece, il visitatore appartiene a un'altra tribù e non ha parenti nel villaggio, è il capo del villaggio stesso che stabilisce quale dei membri della comunità debba rendere gli onori all'ospite. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. Che dura un giorno; di breve durata. ║ Negli anni Ottanta questo termine è venuto a designare quel tipo di manifestazioni musicali o teatrali create per il grande pubblico, in cui si privilegia la dimensione del divertimento e dell'intrattenimento rispetto alla funzione culturale. Persona dai costumi corrotti. ║ Fautore della libertà politica. - St. - Nei secc. XVI-XVIII, soprattutto in Francia, chi affermava la libertà di pensiero da qualunque imposizione dogmatica, specialmente in campo religioso. Il termine, con il volgere dei tempi, si è caricato di diversi sensi. L. sono stati definiti da Calvino i sostenitori di teorie panteistiche vissuti in Francia all'inizio della rivoluzione protestante: questo gruppo l. si nato a Lilla, intorno al 1525, ad opera del sarto Quentin e poi del prete Antonio Pocques. Accanto a questi l. religiosi son vissuti dei l. di stampo tipicamente politico, che hanno operato a Ginevra contro il governo teocratico di Calvino (essi furono definitivamente distrutti da Calvino nel 1555). Con il XVII sec. il concetto di l. prende il significato di liberi pensatori. Nel XVIII sec. l. vengono designati anche i deisti o i sostenitori della tolleranza religiosa, e poi quelli che anche oggi si definirebbero l., cioè gli epicurei della vita (concetto che è d'altronde presente anche nel Seicento). Nel Settecento va notata un'alleanza tra il l. e l'honnête homme (il borghese) nella difesa che ambedue fanno su un piano economico, contro la morale evangelica, di ogni prestito a interesse. Nello studio del mondo moderno l'influsso del libertinismo secentesco è fondamentale: tutto il laicismo razionalistico del Settecento e quello positivistico dell'Ottocento vengono da lì. Della stessa epoca, riferito al tempo presente. ║ Chi vive nello stesso periodo di un altro. ● Arte - Correnti artistiche c.: movimenti sviluppatisi dopo la seconda guerra mondiale e raccolti sotto la denominazione comune di "Informale". Pionieri furono artisti francesi quali Fautrier, Dubuffet, Mathieu e alcuni americani, tra i quali i massimi rappresentanti dell'Action Painting (Pollock, Tobey, ecc.). Ebbe cultori in Spagna (Canogar, Feito, Tapies) e in Italia (Burri, Vedova, Fontana con il suo Spazialismo). In scultura tali correnti tesero allo sfruttamento della materia nelle sue capacità espressionistiche, in un primo momento attraverso la riduzione degli elementi figurativi che in taluni casi approdò all'astrazione (Paolozzi, Giacometti, Fabbri), successivamente, soprattutto in America sul finire degli anni Cinquanta, mediante il loro recupero come protesta sociale e politica. Ne è nata una nuova figurazione che si è servita anche dei nuovi mezzi di telecomunicazione (fotografia, televisione, cinema, fumetto) e che si è articolata in movimenti e gruppi molto numerosi, accomunati dalla stessa matrice informale dalla quale si sono originati: Neodadaismo, Nuovo Realismo, Pop Art. Suggestioni dello Strutturalismo linguistico sono evidenti nelle ricerche di molti artisti, americani e europei, successive agli anni Sessanta. Alcune di esse si sono orientate verso un'arte concepita come arte d'ambiente (Environmental Art, Happening, Strutture primarie), nel tentativo di giungere a una sintesi di scultura, pittura, architettura, ma anche di esperienze diverse (acustiche, teatrali), mirante alla ristrutturazione e riqualificazione del paesaggio, in particolare di quello urbano. Infine, alcune correnti (Arte povera, Arte concettuale) sono giunte all'estrema radicalizzazione della protesta ideologica e sociale, negando al prodotto artistico qualsiasi intenzionalità estetica. Che è nell'età della giovinezza; uomo compreso tra i 20 e i 30 anni. ║ Fig. - Ingenuo, fresco, vivace di sentimenti. ║ Che non ha ancora raggiunto l'età richiesta o l'esperienza necessaria a un determinato scopo. ║ Di cosa, anche astratta, costituita da poco tempo. ║ Di vino, non ancora stagionato, non invecchiato. Vocabolariomondano.(agg.), 1 di mondo o del mondo: la felicità mondana. 2 di persona dedita ai diletti del mondo, che partecipa alla vita brillante dell'alta società: vita mondana.Inglese worldlyFrancese du mondeTedesco weltlichCittà (1.464.000 ab.) del Giappone, nella parte centro-occidentale dell'isola di Honshu. Dista circa 45 km dalla baia di Osaka. Centro tradizionale dell'arte nipponica (porcellane, lacche, bronzi, broccati, ecc.), è entrata recentemente a far parte della regione industriale di Osaka-Kobe, arricchendosi di industrie elettriche, chimiche, ecc. - St. - Fu costruita nel 792-794 d.C. per ordine dell'imperatore Kwammu, sul modello di Ch'angan. Per oltre un millennio, tra il 794 e il 1868, K. fu capitale dell'impero e residenza del sovrano. Durante la seconda guerra mondiale, fu l'unico centro importante del Giappone a non soffrire danni per i bombardamenti. - Arte - Centro artistico importante nei secc. XVI e XVII, conserva ora parte cospicua del patrimonio artistico giapponese: il parco del palazzo d'estate Katsura, disegnato dal grande architetto di giardini Enshu, è un esempio classico del genere. Innumerevoli i santuari shintoisti e delle varie sette buddhiste, circondati da giardini talora mirabili. Poco numerose le pagode che segnano l'inizio dell'architettura d'ispirazione cinese. Il complesso architettonico più importante è quello del Nishi Honganji, fondato nel 1591. Le pitture religiose sparse in tutti i templi sono paragonabili soltanto a quelle di Koyasan. Il museo del tempio shintoista Kitano Jinja conta i più bei rotoli della scuola di Tosa; nel Kozan-ji si trovano le caricature di Toba Sojo. Nel museo d'arte di K. si organizzano esposizioni temporanee dei tesori dei templi. ║ Prefettura di K. (4.613 kmq; 2.604.000 ab.): si estende sulla regione a Ovest del lago Biwa e si affaccia a Nord sul Mare del Giappone. Centri principali, oltre il capoluogo: Maizuru, Fukuyama. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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